giovedì 20 giugno 2013

Di letture e risotti

Difficilmente abbandono un libro, sebbene sia uno dei diritti enumerati da Pennac. Più che un diritto lo reputo un ottimo consiglio, perché la lettura dovrebbe essere sempre un piacere, per cui trasformare un momento di piacevolezza con il tedio e l’insoddisfazione è piuttosto da masochisti. Devo dedurne di essere una lettrice masochista, perché anche se a volte mi accade di venire meno a quello che reputo un “impegno” con lo scrittore – quello di dedicargli tempo e attenzione – la maggior parte delle volte arrivo tenacemente alla fine, esausta. Non so se lo faccio per riservarmi il diritto di criticarlo fino in fondo oppure perché non voglio precludermi nulla, aggrappata fino all’ultimo alla speranza. Quella di non aver sprecato il mio tempo, probabilmente. O forse c’è una spiegazione più semplice: l’intenzione di dedicarmi a detestare qualcosa.

In questo periodo mi sto dedicando a detestare l’Allende, per esempio. Avevo abbandonato i suoi libri subito dopo aver letto l'autobiografia, abbastanza deludente. Della scrittrice cilena ho però un ottimo ricordo della trilogia degli "spiriti", la saga famigliare che attraversa oceani ed epoche per culminare con la dittatura e una nuova generazione di donne pronte a lottare. Le figure femminili sono infatti centrali nelle opere della Allende ed è il motivo principale per cui mi sono lasciata convincere dal romanzo Eva Luna, acquistato di recente su una bancarella. Purtroppo il personaggio, che la quarta di copertina descrive come ribelle e fuori dalle righe, è un soggetto di scarsa profondità e il romanzo stesso è una sequela di fatti che sembrano volersi scollare dalle dure implicazioni del reale, assecondando un'opportunistica neutralità della scrittrice. Non dimentichiamo infatti chi è l'Allende e cosa rappresenta per il Cile. Con un nome così importante mi sarei aspettata uno spessore diverso e soprattutto una riflessione sul contesto storico e sociale, dal momento che il romanzo è ambientato durante la dittatura. La sua piccola eroina è invece una creatura leggera e tale leggerezza viene estesa al mondo che la circonda, trasformando tutto in un'opera di sconcertante vacuità. Tante, molte parole scritte per dire poco o nulla. Oltretutto la posizione della scrittrice rispetto agli avvenimenti successivi la dittatura mi hanno lasciata abbastanza perplessa; semba che la Allende non abbia voluto sbilanciarsi e che quando lo abbia fatto sia stata invece velatamente critica nei confronti dell'opposizione nata a contrastare il governo successivo a Pinochet. Un'opposizione ancora fortemente viva nel Cile attuale.

D'altra parte la cara Isabel vive e prolifca nello stesso paese che ha sostenuto la dittatura nella sua terra e che ha voluto e provocato la morte di Salvador Allende. Perché mi ricorda qualcuno?
 
Insomma, la coerenza è una merce rara. Ce lo ricorda Ken Loach con questo corto realizzato dopo l'attacco alle torri gemelle e raccolto nel film 11.09.11.


 

Risotto con totani e zucchine

Invece dei soliti gamberetti (o gamberoni per gli intenditori) perché non provare i totani? Ho acquistato dal mio pescivendolo quattro totani piccoli e ne sono rimasta talmente soddisfatta che difficilemente tornerò al gamberetto nella felice accoppiata con la zucchina. Lo consiglio, è un primo semplice e dal deciso sapore di mare, che a me fa tanto sentire in vacanza.

Ingredienti per due persone:
 200 gr di riso (io thai)
4 totani piccoli e teneri
1 cipolletta fresca
2/3 zucchine
brodo vegetale
vino bianco
burro q.b.
sale
olio


Tritare la cipolla e farla soffriggere in poco olio. A parte tagliare le zucchine a quadretti e tenerle da parte. Mettere nel tegame i totani tagliati a rondelle con i loro tentacoli e far cuocere a recipiente coperto fino a quando avranno rilasciato il loro liquido. In questa fase non aggiungere né vino né brodo. Successivamente sfumare con un po' di vino e lasciar andare per qualche altro minuto. Aggiungere le zucchine e mescolare. A piacere unire il prezzemolo o l'erba cipollina, io ho dimenticato questo passaggio, purtroppo. Entrambe le erbe andrebbero aggiunte alla fine affinché mantengano sapore e sostanze, ma in genere lo faccio sia prima che dopo perché mi piace l'idea che l'erba si mescoli con ciò che sto cucinando.

A parte sciacquare il riso per almeno tre volte sotto l'acqua corrente e unirlo al condimento. Mescolare, aggiungere un po' di brodo e continuare a mantecare integrando liquido fino a cottura. Alla fine unire un pezzetto di burro per rendere il piatto cremoso, senza però appesantirlo troppo. Decisamente da rifare!

venerdì 7 giugno 2013

Non ci vuole niente a distruggere la bellezza

Non mi piacciono: gli alberi tagliati od estirpati come se fossero cose inanimate; i cani chiusi dentro i recinti; i bambini tirati per un braccio. I cibi precotti, i fiori finti, i vasi pieni di erbacce. I mariti, compagni, gli uomini che non sanno accogliere una donna; le persone che non sorridono mai e non si affacciano a guardare il mondo, non viaggiano, non leggono, non regalano una pianta o non si sporcano le mani per creare qualcosa di bello. Non mi piace sentirmi dire "è tardi" "è inutile" "è una perdita di tempo". Non mi piace mangiare con chi lo fa in silenzio, con chi separa i cibi nel piatto, con chi non è curioso di sapere cosa si porta alla bocca. Non mi piace chi critica il prossimo e non si sforza di cambiare se stesso.

Avevo voglia di dirlo, dopo mesi di silenzio, perché a volte è giusto rispondere al bisogno di usare la negazione per affermare qualcosa di bello. Alla faccia di chi con il brutto ci convive senza avvertirne neanche il prurito. Per me quel prurito è come una bussola che mi permettere di non perdere una briciola di bellezza, cercando di comprenderne il valore nella sua fragilità. In quel bellissimo film di Marco Tullio Giordana, I cento passi, Peppino Impastato comprende qualcosa di semplice eppure di rivoluzionario: bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscela, a difenderla. (...) La bellezza, è importante la bellezza, da quella scende giù tutto il resto.
Difendere questo valore gli è costato la vita.

Il rischio, all'opposto, è quello di abituarsi alla bruttezza, all'arroganza. All'ingiustizia. Come quella subita da Stefano Cucchi, pestato a morte; un'ingiustizia che continua a rinnovarsi e a sollevare lo sdegno di tutti coloro che non possono e non vogliono accettarla.



Zuppa di pesce
Ingredienti per due persone:

1 moscardino
2 calamari
scampi
cernia
spinarolo
vongole veraci
passata di pomodoro
erba cipollina
aglio
vino bianco
peperoncino
sale

Ci sono molti modi di preparare una zuppa di pesce ma alla base c'è sempre quel brodo saporito, risultato di una cottura in cui nulla viene scartato ma piuttosto aggiunto. Le varianti e i sapori cambiano a seconda della tipologia di pesce che si decide di utilizzare: nel mio caso tutto pesce senza spine, ma ogni pescivendolo che si rispetti vi consiglierà quello spinoso dalle carni più prelibate. A dare sapore al mio piatto è accorso in aiuto il moscardino, gli scampi e delle ottime vongole veraci. Le combinazioni sono però molteplici e personali, come l'uso delle erbe e delle spezie da utilizzare.

Nel cucinare questa zuppa non ho potuto fare a meno di pensare ad alcune ricette brasiliane di Bahia, influenzata senz'altro dalle mie letture sudamericane e dal programma di Michael Palin, che ogni tanto Rai5 replica e che io continuo a guardare senza sosta.


Il pesce non richiede una cottura molto prolungata, ma bisogna stare molto attenti alle diverse "consistenze". Se non siete pratici come me, fatevelo pulire da chi di fiducia e soprattutto fatevi consigliare, non c'è niente di più bello che indugiare intorno al banco del pesce, fare quattro chiacchiere, coinvolgere le signore vicine e  farsi ammaliare dal un prestante pescivendolo.




In una pentola capiente soffriggere uno spicchio d'aglio e un peperoncino intero per qualche minuto. Aggiungere il moscardino diviso a metà e lasciarlo cuocere nel suo liquido fino ad ambratura, senza aggiungere altro. Coprire con il coperchio e lasciar andare per un po'.
Intanto tagliare l'erba cipollina (o il prezzemolo se preferite) e aggiungerla al polipetto. Quando quest'ultimo avrà rilasciato gran parte del suo liquido, integrare la passata di pomodoro regolandovi a vostro gusto a seconda di quanto la preferite sugosa. Salare con parsimonia e cuocere per una quindicina di minuti, aggiungendo mezzo bicchiere di vino bianco. Al termine (non sarà cotto, anzi, non dovrà essere cotto!) aggiungere i calamari in pezzi e lasciar cuocere per altri quindici minuti. Nel frattempo in una padella far aprire le vongole con uno spicchio d'aglio e del vino bianco. Una volta aperte, scolarle con un mestolo forato e filrtrare il liquido rimasto in padella, che andrà aggiunto al brodo della zuppa. 

Trascorso il tempo necessario, unire al brodo i bocconcini di pesce (nel mio caso cernia e spinarolo) e solo all'ultimo gli scampi e le vongole già cotte. La zuppa è pronta da portare in tavola e con due fette di pane bruscato siete in paradiso.