sabato 28 aprile 2012

Torta al grano con yogurt e gelatina di fragole

Con questa dolcissima ricetta partecipo al contest di Isabella del blog L'amore in cucina dedicato al frutto più amato per eccellenza: la fragola. 



Sarà per il colore, il profumo, il sapore dolce, la forma che ricorda un cuore o la versatilità di mangiarla in un sol boccone - come si addice a tutti i peccati di gola - ma la fragola anche quando non fa da padrona al piatto ne è spesso guarnizione, aroma, tinta inconfondibile.
Io la preferisco appena sciacquata sotto l'acqua e mangiata direttamente dal picciolo. Senza zuccheri aggiunti, senza limone, al massimo con un passaggio randente dentro la panna montata.

Per realizzare questa ricetta ho utilizzato la rimanenza del grano che avevo comprato per la pastiera (no, non aveva fatto i vermi, l'ho preparata pochi giorni dopo!). D'altra parte anche la rimanenza dei canditi è finita in un ciambellone e nulla è andato sprecato. Ho cercato quindi appositamente una ricetta che mi permettesse di smaltire il barattolone di grano cotto che mi guardava con il timer in mano. E l'ho trovata.



Premessuccia doverosa. Il risultato finale non doveva esattamente essere quello che vedete in foto. La gelatina di fragole avrebbe dovuto ricoprire la mia torta e non affondare dentro l'impasto. Inutile dire che ho saltato il passaggio frigo e quindi...be'...ecco...ho aggirato a modo mio questo incidente di percorso. La foto della torta come avrebbe dovuto essere non la mostrerò mai ad anima viva, sia chiaro, ma posso dire di aver creato a mia insaputa una nuova versione di torte alla gelatina. 

In questi giorni di nuovo caldo in arrivo, una torta fredda di yogurt e fragole è quello che ci vuole per soddisfare piccoli momenti di gola. E possibilmente condividerli.

Ingredienti:

per la frolla
200 gr di farina
150 gr di burro
70 gr di zucchero a velo
1 tuorlo
1 pizzico di sale

per la farcitura
350 gr di grano cotto
320 gr di yogurt greco
200 gr di latte
200 gr di panna fresca
70 gr di zucchero semolato
10 gr di zucchero a velo
3 gr di gelatina in fogli
aroma di vaniglia

per la gelatina
250 gr di fragole
50 gr di zucchero
6 gr di gelatina in fogli



Iniziare a preparare la frolla. Impastare la farina con il tuorlo, il burro ammorbidito, lo zucchero e un pizzico di sale. Formare una palla e lasciar riposare per almeno mezzora in frigorifero. Dedicarsi ora alla farcitura bollendo il grano per una quindicina di minuti con il latte e l'aroma di vaniglia. Togliere dal fuoco e aggiungere i fogli di gelatina (precedentemente ammollati in acqua e strizzati), mescolare e far raffreddare. A parte montare la panna con lo zucchero a velo e unirla allo yogurt. Incorporare il tutto al grano. 
Trascorso il tempo di riposo della pasta, lavorarla in un disco e adagiarla in un contenitore a cerniera. Farla cuocere in forno preriscaldato fino a cottura (temperatura 140°-150° per circa mezzora con forno elettrico). Estrarla dal forno, farla intiepidire e versarvi sopra il composto di yogurt e grano. 
Preparare infine la gelatina frullando le fragole con lo zucchero. Versare in un pentolino e mettere sul fuoco aggiungendo i fogli di gelatina. Quando questi si saranno sciolti, spegnere e far intiepidire. Affettare tre o quattro fragole e distribuirle nel composto di grano versando anche la gelatina, che andrà amalgamata con i rebbi di una forchetta striando il composto. Non resta che riporre in frigo per almeno 3-4 ore prima di togliere il disco a cerniera e servire.

Buona, fresca e golosa!

giovedì 26 aprile 2012

Salsa Cocktail

Piccolo-spazio-cocktail. Ogni tanto ci vuole. In verità di alcolico in questa salsa c'è solo il cognac, per il resto si tratta di una mescolanza di prodotti quali ketchup, maionese, senape e la Worcester sauce. Confesso che i singoli ingredienti della mia salsa non sono home made, ovvero ho preso i vari tubetti, li ho schiacciati, mescolati et voilà! ho fatto la salsa. Certo, a questo punto avrei potuto benissimo acquistarla già bella e pronta, dal momento che esiste preconfezionata come tutte le altre salse. Ma vogliamo mettere l'eccellente qualità del mio cognac? Sgraffignato dalla credenza dei parents (con la complicità materna) e ormai compagno dei miei goccetti serali. Una bottiglia di tutto rispetto, signori. Regalo del sessantesimo compleanno di mio padre e finito sotto chiave insieme alle altre innumerevoli bottiglie di cui il buon babbo avrà perso memoria.

Eh, già. Mio padre è un conservatore nato e conserva di tutto senza distinzioni di massa, peso ed età. Il suo motto è "un giorno potrebbe tornarci utile" e questo vale anche per le luci di Natale che non si accendono più (ma che potrebbero essere riparate, un giorno); mobiletti anni '70 provenienti dal vecchio mobilio della vecchia casa e depositati in giardino; barattoli di ogni forma; attrezzi del suo passato da chimico e cianfrusaglie di ogni tipo che si ammucchiano in un'apposita dependance ormai da parecchi anni. Mia madre è l'esatto opposto, lei fionda tutto in "archivio 3" ancora prima di capire se l'oggetto in questione potrà esserle utile in futuro. Quindi è guerra aperta. Solo che ogni tanto la padrona di casa fa un giro di tacita pulizia e allora la pace regna fino a quando mio padre non si mette in testa di recupare un vecchio oggetto che "ricordo perfettamente di aver conservato!". Ma che non troverà mai più, pace all'anima degli oggetti "perduti".

 E io? Io sono una conservatrice moderata. Ho ereditato entrambi gli aspetti e quindi tendo ad accumulare ma anche a fare drastiche pulizie. A volte sento nostalgia di ciò che butto in momenti di pura foga-da-sacco-della-spazzatura, ma nella maggior parte dei casi mi sento più leggera.

Ingredienti:

1/2 bicchierino circa di Cognac
30 ml di panna fresca
15 gr di senape
1/2 cucchiaio di Worcester sauce
100 gr di maionese
40 gr di ketchup

Amalgamare il ketchup con la maionese e aggiungere - sempre mescolando - la Worcester sauce e il cognac. La salsa acquisterà subito un bel colore rosato e un sapore molto particolare dato dall'aroma alcolico del cognac e dal piccante-agrodolce della Worcester. Unire infine la senape e la panna semi montata e mescolare con cura. Riporre la salsa in frigo per almeno un'ora prima dell'utilizzo.
Ottima con il pesce (famosa con l'antipasto di gamberetti) ma azzeccata anche come farcitura di panini e piadine. Ho fatto una gradevole scoperta utilizzandola nella mia insalata di riso.

domenica 22 aprile 2012

L'amatriciana di Amatrice

La vera amatriciana, contrariamente a quanto siamo abituati a mangiarla noi romani (e al modo in cui è maggiormente conosciuta) è in bianco. Si tratta infatti dell'antico piatto dei pastori della zona di Amatrice e per questo preparata con i poveri e semplici ingredienti disponibili, ovvero guanciale e pecorino. Non certo passata di pomodoro e neanche soffritto di cipolla. Che poi sul discorso cipolla si potrebbe aprire una diatriba: ce va oppure nun ce va? Io l'ho sempre aggiunta nella mia amatriciana al sugo, perché il sugo mi piace con il soffritto di cipolla, ma pare che la ricetta originale non la preveda. Possibile che per un piatto così semplice e di rapida esecuzione sia difficile invece reperire gli esatti ingredienti? Ognuno sembra apportare le proprie modifiche, piccole ma significative, ad un piatto così fortemente legato alla terra e alle sue tradizioni contadine. Tra una ricerca e l'altra ho deciso infine di mescolare anch'io un po' le cose, sperando tuttavia di essermi avvicinata all'originale.



Con questa ricetta partecipo al contest di Max, Un coccio al mese per 12 mesi, proponendo la mia seconda ricetta per il mese di Aprile. Ad essere proprio pignoli, l'amatriciana di Amatrice si preparava in tegami di ferro, ma ho voluto ugualmente concorrere nella categoria "coccio" perché non solo il ferro allo stato puro non viene forse più utilizzato in cucina,  ma perché anche il coccio è un materiale legato alla tradizione dei cibi semplici e contadini. Credo quindi che trasferire questa ricetta nel coccio sia una variante che meriti almeno l'assaggio!

Ingredienti per due persone:

200 gr di spaghetti (no bucatini come vuole tradizione romana)
100 gr di guanciale a fette
1/2 bicchiere di aceto e vino bianco mescolati
pecorino grattugiato
olio
sale

Perché l'aceto? Non ho trovato così strano questo accostamento, dal momento che a Roma un modo di mangiare la pancetta è proprio con la cottura in aceto (ed è squisita!). Per il guanciale consiglio di non adoperare quello già quadrettato e confezionato, ma di affidarsi ad una buona norcineria o salumeria in cui acquistare un pezzo di guanciale di ottima qualità. Io mi sono affidata a una norcineria dei Castelli Romani e non mi sono affatto pentita della mia scelta! Ho optato per il guanciale al pepe piuttosto che per quello al peperoncino, quindi nella pasta non ho aggiunto altri condimenti oltre al sale e all'olio. Inutile dire che anche il pecorino deve essere di ottima qualità, possibilmente romano. La riuscita di questo piatto dipende infatti dalla bontà degli ingredienti che si sceglie di utilizzare. Il procedimento è semplicissimo: imbiondire il guanciale nell'olio e non appena la parte grassa diventa trasparente, aggiungere il bicchiere di vino e aceto mescolati. Salare leggermente e sfumare fino a cottura (pochi minuti). Lessare e scolare gli spaghetti al dente e mantecarli nel coccio (o nella padella) con il guanciale e il pecorino. Io preferisco la versione senza peperoncino perché mi piace il sapore forte del pecorino che arriva ad essere quasi "piccante" talmente è saporito e il pepe mi sembra esaltarne il gusto. Consiglio per questo motivo di non esagerare con il sale per la cottura sia del guanciale che della pasta. Servire caldissimo. 

Non c'è che dire, i pastori se ne intendevano di ottima cucina!!

mercoledì 18 aprile 2012

Garganelli con puntarelle, olive e pane fritto

Con questa ricetta partecipo al contest S.P.Q.B. (potevo manca'? certo che no!). Ho avuto già modo di conoscere la Banda dei Broccoli grazie a un altro contest (di cui trovate banner a lato, comunque si tratta di Anarchy in BB) e spinta dall'accento romanesco, dal loro saperci fare con parole e ricette, dallo spirito di festa che si respira ogni volta che si legge una loro pagina, mi propongo per questo nuovo contest all'insegna della cucina di Mamma Roma. Si tratta in verità di proporre una ricetta tipica ma rivisitata. Premetto che non sono molto per le rivisitazioni (so antica, lo so!) e forse per questo il mio piatto non può essere considerato una vera e propria rivisitazione quanto un modo diverso di proporre un piatto tipico. Andrà bene lo stesso?


Vabbè, al massimo mi bocciano e ripeto l'anno a settembre. 

Altro motivo per cui partecipo è l'iniziativa di associare il contest a una nuova pubblicazione. Si tratta del libro di Andrea Barbati, Roma fuori pista, corredato dalle foto di Bruno Lomasto. Cito dal sito: "Ventiquattro itinerari "fuoripista" alla scoperta di una Roma alternativa: trash e misteriosa, ricercata e caciarona, preziosa e decadente, romantica e un po' coatta, ma soprattutta nascosta, gelosa e sconosciuta. A metà tra una guida e un diario di viaggio, questo libro fotografico si prefigura come divertente percorso di immagini e parole, per gettare uno sguardo a volte poetico e a volte ironico sul retro inaspettato di quella famosa cartolina a cui in fondo siamo tutti un po' affezionati e assuefatti."

Un bel modo insomma per far circolare idee, chicche e soprattutto far emergere il lavoro di chi ha dedicato tempo e passione ad una scoperta. 

E ora veniamo alla mia ricetta. Le puntarelle sono un tipico piatto della tradizione romana caratterizzato dall'abbondanza di aglio e dall'alicetta spezzettata. E' rigore buttarsi in coppia su un piatto di puntarelle: primo perché il piacere va condiviso e secondo per (meno romantici) motivi di fiatella. Ma anche in solitaria (se non avete in programma di andare al cinema, ecco) rende speciale il pasto ed è sempre difficile dire "basta". Tutte 'ste storie pe' n'insalata!!! Posso dirlo? Io mi sento veramente romana solo quando sono a tavola e l'orgoglio per la nostra cucina (per me ancora tutta da scoprire) mi riempie il cuore. 

E ora veniamo alla mia ricetta (l'ho già scritto?) Mi sono detta: perché non trasferire la puntarella nella pasta? E magari aggiungere un tocco di Sicilia, perché il pane fritto mi fa venire in mente la Sicilia (libera associazione d'idee confutabili). Ecco come ho fatto:

350 gr di pasta all'uovo (per me Garganelli)
1 cespo di puntarelle
mollica di pane
aglio
olive nere
alici sott'olio
sale
olio

Tutto qui? Ebbene si. Non temete che avrete il vostro da fare con la pulizia della verdura. Le puntarelle richiedono infatti molta pazienza (mica come la cicoria de campo che strappi la radice e via!). Devono essere infatti tagliate una per una sottilmente e messe in acqua fredda ad arricciarsi. Oh, e non buttate via i ciuffi verdi! Della puntarella non si scarta niente, è una verdura nobile e potete farne dell'ottima cicoria ripassata. Ma questa è un'altra storia.

Dopo aver fatto arricciare l'insalata, far sciogliere due o tre alicette nell'olio caldo. Soffriggervi quindi gli spicchi d'aglio (quanti? lo lascio decidere al vostro gusto, io ne metto tre fatti a pezzetti) e buttare le puntarelle in padella a ripassare qualche minuto con olio, alici e aglio. A fuoco spento unire le olive (anche questo a vostro gusto...) snocciolate - consiglio quelle di gaeta per il sapore deciso. 

Intanto avrete ridotto in briciole la  mollica di pane. Se pensavate di usare il pangrattato, toglietevelo dalla testa!! Quello che si trova in commercio è troppo fino, praticamente una polvere utile forse per le impanature (ma quando posso me lo faccio in casa anche per preparare le fettine!) e non va bene per questo piatto. La mollica deve essere infatti ripassata in padella con un po' d'olio, fino a farla diventare fritta. Anche sulla quantità della mollica non ho indicazioni precise. Io sono andata a occhio ma soprattutto a gusto. Sappiate che è molto gustosa e dà al piatto quel qualcosa in più.

Lessare infine la pasta e ripassarla nel soffritto di puntarelle; unire buona parte delle molliche di pane e lasciarne un po' per la guarnizione finale del piatto. 

E per chiudere in bellezza, lascio qui le parole di un romano indimenticabile.

Romanità

Un giorno una Signora forastiera,
passanno còr marito
sotto l'arco de Tito,
vidde una Gatta nera
spaparacchiata fra l' antichità.

-Micia che fai?- je chiese: e je buttò
un pezzettino de biscotto ingrese;
ma la Gatta, scocciata, nu' lo prese:
e manco l'odorò.
Anzi la guardò male 
e disse con un' aria strafottente:
Grazzie, madama, nun me serve gnente:
io nun magno che trippa nazzionale!

Trilussa 




venerdì 13 aprile 2012

Cous Cous vegetale

Messe da parte zuppe, minetre, stracotti e burrose preparazioni invernali (ma solo per finta, io l'altra sera mi sono sparata stelline in brodo con chiodi di garofano) è tempo di cose fresche. Quanto meno per combattere il brutto tempo, contro il quale non ho comunque nulla in contrario. Che acqua sia sul  mio prato, già mezzo ingiallito dal caldo delle scorse settimane! 

Tutto sommato - con questo revival autunnale - faccio ancora in tempo a postare le ultime ricette dell'inverno ammucchiate nella cartella sul desk, se non mi lascio andare prima ad uno stato di pigrizia acuta.

La verità è che sono a corto di parole, pensieri e intuizioni. Passerà, mi dico. Sono in una fase in cui non riesco a rielaborare nulla di ciò che assorbo (ma soprattutto, assorbo?) e mi sento vagamente contrariata. Insomma, qualcosa mi ha infastidita ma non so bene cosa.

Mentre ci penso, ringrazio Samantha del blog Io Veg da cui ho preso le indicazioni per la ricetta. La combinazione degli ingredienti era perfetta e io la ripropongo esattamente (grammo più grammo meno) come l'ho trovata.

Ingredienti per 4 persone:

240 gr di cous cous
360 ml di acqua
100 gr di piselli (io surgelati)
1 cucchiaio d'olio
1 peperone rosso
1 peperone giallo
2 zucchine
1 carota
1 cipolla
noce di burro
sale

Per cuocere il cous cous seguire le indicazioni della confezione, ovvero bollire l'acqua con una presa di sale e raggiunto il bollore togliere dal fuoco versando i grani di cous cous e un cucchiaio d'olio. Mescolare e coprire per cinque minuti. Trascorso il tempo aggiungere una noce di burro e sgranare con una forchetta. 
Prima di eseguire queste operazioni (già, ma io lo scrivo dopo!) preparare il condimento sminuzzando tutte le verdure e soffriggendole in una padella con la cipolla tagliata sottilmente. Scegliete peperoni abbastanza grandi o aumentate le dosi. I piselli andranno aggiunti per ultimi perché rispetto alle altre verdure cuociono in meno tempo (se c'è una cosa che odio sono i piselli spappolati in un piatto misto). Se utilizzate piselli freschi forse il tempo di cottura sarà diverso, sinceramente lo ignoro perché non ne ho fatto mai uso (oooh yess!). Sono riuscita ad abolire molti surgelati (anzi, praticamente tutti) ma il pisello non manca mai nella mia scorta del "cosa ti cucino all'ultimo minuto?" ma anche in quella del "praticità allo stato brado", utilissime e per me irrinunciabili (oh, ricordatemi di aprire uno di questi giorni un capitolo sull'inconfessabile della mia cucina...). Dov'ero rimasta? Alla padellata multicolor. Avrei voluto fotografarla e non l'ho fatto, l'impatto visivo è invitante e ovviamente profumato - tanto perché cito così poco spesso il profumo. Ma poi, un impatto visivo può avere un profumo? E vabbè, licenze poetiche involontarie...

A cottura ultimata unire la padellata di verdure con il cous cous et voilà! lasciate insaporire un po' nel frigo (se è per il giorno dopo) o anche a temperatura ambiente (se è per la sera stessa). Il giorno dopo - come spesso accade - è ancora più buono.

domenica 8 aprile 2012

Pastiera Napoletana

Non è Pasqua se non è Pastiera. E non potevo mancare a questo appuntamento con un dolce della tradizione. E' la prima volta che lo preparo in casa ed è stato un lungo pomeriggio d'impasti e "speriamo che me la cavo"!!! E me la sono cavata, anche se ho scelto uno stampo forse troppo piccolo per la quantità di ripieno e la consistenza (essendo cresciuta molto!) è rimasta molto morbida. Ma il sapore c'è tutto: limone, arancia, cedro, ricotta, cannella...creano un sapore nuovo, il sapore tipico di quel dolce che anche ad occhi chiusi si riconosce. 







Terminata da poco la mia colazione pasquale a suon di torta al formaggio, pastiera, corallina, cioccolata fondente, uova sode e colomba, mi preparo ad affrontare quello che sarà il pranzo che trascorrerò a casa dei miei con tutto il parentado. E mi aspettano: fettuccine fatte in casa, capretto al forno (niente abbacchio quest'anno), carciofi, insalata mista e ovviamente dolci, dolci, dolci sperando che la bella sorpresa ce la faccia il tempo.


Per la ricetta della Pastiera ringrazio la consulenza mattutina di mia zia, affaccendata a preparare la sua ma sempre pronta ad aiutare questa nipotazza cuciniera. Le indicazioni generali le ho invece prese dal tomone ormai storico di casa: Il talismano della Felicità. Il procedimento è un po' lungo e laborioso, ma ne vale sempre la pena!




Ingredienti

per la frolla
300 gr di farina
150 gr di zucchero a velo
150 gr di burro
3 tuorli

per la farcitura
250 gr di grano già cotto
500 gr di ricotta
350 gr di zucchero
6 tuorli
4 albumi
un pizzico di cannella
scorza di un limone
100 gr di cedro candito
100 gr di arancia candita
2 cucchiai di acqua di fiori d'arancio
latte
sale

Mettere il grano in un pentolino insieme a un po' di latte, ricoprendolo appena. Aggiungere un pizzico di cannella, uno di sale e due scorzette di limone. Bollire per qualche minuto in modo da far assorbire il latte, poi spegnere e lasciare da parte.
Intanto preparare la frolla. Disporre a fontana la farina su una spianatoia e al centro amalgamare lo zucchero con i tuorli e il burro ammorbidito. Lavorare l'impasto, formare una palla e lasciar riposare almeno una mezzora in luogo fresco.

Mettere la ricotta in un recipiente abbastanza capiente per lavorarla. Ammorbidirla con un cucchiaio di legno e incorporare lo zucchero (mescolare) e i sei tuorli d'uovo uno alla volta. Mescolare bene e aggiungere un pizzico di cannella, la scorza grattugiata di un limone, l'acqua di fiori d'arancio, la scorza di cedro e di arancia tagliate in piccoli pezzi e infine il grano. Amalgamare con cura tutti gli ingredienti e da ultimo aggiungere le chiare montate a neve fermissima. 

A questo punto lavorare la frolla. Dividere l'impasto in due parti disuguali e spianare con il mattarello quella più grande, in modo da formare la base con il bordo. Una volta realizzato il disco, trasferirlo in uno stampo di circa 25 centimentri con bordo alto (io ho utilizzato per comodità lo stampo a cerniera foderato con carta da forno). Questa per me è stata senz'altro la parte più difficile, come noterete dal mio bordo "ballerino"!! 
Versare infine nella teglia il ripieno di ricotta, livellarlo e adagiarvi sopra le caratteristiche strisce realizzate con la restante pasta tenuta da parte. 

Infornare a fuoco moderato (io con forno elettrico a 150°-140°) per circa 45-60 minuti. Una volta cotta (e uniformemente dorata in superficie) lasciarla raffreddare in forno dentro il suo stampo. Trasferirla in un piatto di portata solo dopo averla fatta completamente freddare e assestare. Volendo, cospargerla con lo zucchero a velo.

Consigli della zia: acquistare le scorze candite intere, sono di migliore qualità. Non si trovano al supermercato ma in negozi di gastronomia (a Roma le ho trovate ad esempio da Castroni).

Buona Pasqua a tutti e buon pranzo!!

sabato 7 aprile 2012

Calzone pugliese di sponsali

Dopo un periodo di prolungata assenza e con un po' di ritardo sulla tabella di marcia pasquale, ecco il mio calzone pugliese di sponsali. In ritardo perché si usa consumarlo il venerdì santo, essendo il cosiddetto pranzo di magro prima dell'abbuffata vera e propria. Comunque estendere il "magro-day" anche alla giornata di oggi non sarebbe male, visto che domani si passerà buona parte della giornata a tavola! Ma poi - detto tra noi - che ce frega della dieta! Per l'occasione ho già programmato d'indossare una bella e confortevole tuta in cui sentirmi meno in colpa perché tanto non tira. Che poi questa questione della colpa a tavola secondo me è dannosa. Se mangiare rende felici, paghi e in un certo senso completi, perché dannarsi tanto per evitare i piaceri che proprio da quella tavola c'invitano? 

C'invitano. Esatto. Il richiamo del cibo per me possiede proprio questa caratteristica. Non voglio però negare che ho anch'io il cruccio dei pantaloni stretti, che mi guardo allo specchio e vedo i miei chili di troppo. Ma un segreto c'è e lo sto pian, piano scoprendo in questo periodo. Amare il cibo non vuol dire (solo) ingozzarsi a piene mani, aprire il frigo e trasformare tutto in un lurido panino che contiene tre pasti insieme (ebbene si...la goduria passa per vie oscure), ma vuol dire anche assaporare. In questi giorni mi sono volutamente tenuta "a dieta", anche se detesto questa parola. Mentre vi (e mi) scrivo, lesso le zucchine per il pranzo. Squallor, si potrebbe pensare. Ma la verità è che a me piacciono molto le verdure lesse, così come gustarmi un piatto di legumi o un filetto di pesce non lo trovo affatto deprimente. Assaporare. Utilizzando magari qualche erba o spezia per rendere più pungente o deciso un sapore o semplicemente per accompagnarlo. Il piacere del cibo è anche nella semplicità. Una volta capito ed apprezzato questo aspetto del mangiare, mantenersi in equilibrio (fisico, psichico e...perché no? spirituale) è meno complicato di quanto si possa immaginare. Concedersi allo sfizio, al peccattuccio, alla tavolozza o al coniglione di cioccolata (che se avesse sette vite le farei fuori tutte, purché sia fondente!! Anna-delle-mie-parole ---> lei sa!) sarebbe un momento più godereccio e spensierato, come secondo me dovrebbe essere. 

Tutto questo per colpa del calzone del venerdì magro. Cercando di fermare questa logorrea, passo subito ai ringraziamenti. Grazie a Ninì per avermi dato lo spunto e grazie a una persona che ancora non conosco ma che con pazienza e curiosità mi ha "tramandato" la ricetta del suo paese e della sua famiglia. E cucinare - in questa particolare condizione - è stato in parte rivivere alcuni momenti legati al vissuto di un'altra persona; vissuto fatto di ricordi, sensazioni, fantasie, sogni. 

Non so se sia riuscita a riprodurre fedelmente il sapore di un'epoca (legato sempre a un passato che ha un sapore suo proprio e quindi forse non duplicabile nel presente) ma per me è stata comunque un'esperienza che per una volta è andata oltre la preparazione materiale, la cura, l'attenzione o la dedizione. 
E la ripropongo a voi, condividendola con tutta la baldazosa allegria di questa mattina piovosa.


Ingredienti:

per la pasta
250 gr di farina
15 gr di lievito di birra
100 ml di acqua
1 cucchiaio di olio d'oliva
1/2 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino di sale

per il ripieno
1/2 kg di sponsali
alici sott'olio
olive nere
250 gr di mozzarella
capperi
uvetta


Pulire gli sponsali e tagliarli a fettine. Metterli in padella con un goccino d'acqua e farli "spappolare". Devono infatti ridursi ad una consistenza che rasenta lo "sfatto". Durante questa operazione sciogliere un paio di alici insieme alle cipolle e far amalgamare i sapori.

NOTA SUGLI SPONSALI: io ne ho usati mezzo chilo, ma vi consiglio di abbondare arrivando con un po' di coraggio anche ad un chilo. I cipollotti sono molto dolci e decisamente più delicati delle altre cipolle (bianche o rosse), quindi non siate timidi come me, "incipollate" bene il vostro calzone!

Mentre le cipolle si disfano, preparate la pasta. Disporre la farina a fontana, unire al centro il lievito sbriciolato, lo zucchero, il sale, l'olio e l'acqua. Amalgamare bene aiutandovi con una forchetta e proseguire con le mani non appena l'impasto lo permette. Lavorate la pasta con cura, formate una palla e incidetela a croce. Fatela lievitare per un'ora coperta da un panno di tela.

Quando le cipolle saranno ben disfatte e avranno perso tutto il loro liquido, unire il resto degli ingredienti spezzettati: olive, capperi e uvetta. La ricetta prevede anche fichi secchi, purtroppo io non li ho trovati ma vale la pena provare!! Mescolare, annusare (il profumo è da sturbo, garantisco!) e..aspettare! Questi "vuoti" sono utili per iniziare a fare pulizia sul piano di lavoro!!

Trascorso il tempo di lievitazione, dividere l'impasto in due dischi (uno un po' più grande che farà da base) e stenderli. Ungere una teglia (o usare carta forno) e disporre il primo disco con il bordo. Forarlo con una forchetta e farcirlo con il ripieno di cipolle. Disporre sopra il ripieno la mozzarella (tanta e ben sgocciolata). Io ne ho adoperata 250 gr e mi è parso che andasse bene, ovviamente ognuno si regoli con i propri gusti. In ogni caso la mozzarella deve abbondare. A questo punto ricoprire con il secondo disco, bucherellare e spennellare con l'olio. Infornare a 180° per circa 30 minuti o fino a quando assume sembianze di cottura!!

Consiglio di far riposare il calzone almeno qualche ora (io l'ho mangiato subitissimo e come vedete dalla foto la mozzarella ancora fila!). Meglio sarebbe papparselo il giorno successivo, dal momento che il ripieno ha bisogno di rafforzare i sapori.
Buona, buona, buona!